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lunedì 31 maggio 2010

INCONTRO GENITORI-CATECHISTI-PARROCO

SABATO 5 GIUGNO :
Verrà fatta una riunione, Genitori-Catechisti-P.Luciano per parlare e decidere delle attività estive..gli orari rimangano i soliti,poi alle 16:00 ci uniremo tutti insieme..però per sicurezza, che si contatti i propri catechisti!



Dopo la riunione ci sarà la festa in giardino...portate da mangiare e da b...ere!

LETTERATURA E MALATI DI S.L.A.






Riceviamo da Marco Criscuoli questa informazione della CARITAS DIOCESANA

PISA

Stazione Leopolda – Terrazza

3 giugno 2010


ore 21.15


Lettura di brani d’Autore


Letteratura e persone malate di SLA

“Poeti anche nella malattia”


Roberto Fabbrini

Legge Sergio Pieggi (Accademia Nazionale dell’Ussero)

Al violino Agnese Caneschi e Valentino Zangara (Associazione Culturale San Francesco)

Introduzione musicale


Da “Le mie stanze”

Un principio di luce

Estate in Val d’Orcia

Volerti bene

Un regalo delle rondini

Forse

La luce dell’autunno
Dove nasce il silenzio

Intervallo

Intermezzo musicale

Da “Le ombre lunghe della sera”
Come si fa a non piangere?
Non ti vedrò invecchiare, amore mio…

Come farò…

L’ultima volta…

Chissà se rivedrò le rondini?

Quando le cose che hai intorno…

Che porterà via, con sé, stasera il sole?

Se ascolti il silenzio…

Ho voglia di fare l’amore.

Non è ancora questa, la notte…

Mi dite di non mollare…
Intermezzo musicale

Da “Controcanto”

Il lamento
Il pianto

Il perdono

La riconciliazione

 
In collaborazione con AISLA-Sez. AVT, Casa della Città Leopolda ed Associazione Culturale San Francesco

giovedì 27 maggio 2010

UN ABBRACCIO CI LIBERA DALL'OSCURITA'

Guardando il passato ci rendiamo conto sempre di più che solo uno
come Lui poteva renderci così mansueti e innocui. Iniziamo a capire

veramente chi eravamo e chi siamo oggi.

Se guardiamo il passato, ci facciamo paura pensando a tutto il male

che abbiamo commesso.

Oggi è bello vivere nella luce, senza che nessuno pronunci il nostro

nome solo per dire il nostro male, ma quanto bello è sentire quel

bisbiglio del cambiamento fatto grazie al Signore attraverso degli
amici veri. Non avremmo mai scommesso nulla su di noi, era
impossibile che noi potessimo essere così oggi.

Quando Margherita Coletta ci è venuta a trovare in carcere prima

di Natale, ci ha detto: «Esiste una cosa che Gesù ci ha lasciato,

un sacramento, che per me è importantissimo, ed è quello della

confessione.

In quel momento, nell'istante stesso che uno si avvicina a questo

sacramento è libero, ma libero veramente, ci dovete credere.

Qualsiasi peccato che o gnuno di noi abbia potuto commettere da

quell'istante non c'è più, è cancellato, non esiste più.

Non bisogna nemmeno ripensarci, perché sarebbe del diavolo: in

quell'istante tutto è cancellato.

Dio è buono, è un padre misericordioso che accoglie tutti».
È proprio vero.

Oggi vediamo il nostro cuore pieno di Gesù e lo preghiamo

costantemente che non ci faccia ricadere nell’oscurità dove per

un lungo periodo abbiamo vissuto.

Non è semplice trovare le parole giuste perché la commozione è

tanta, solo oggi capiamo e cerchiamo di dare un senso a quei gesti

terribili.

Quante volte abbiamo chiesto al Signore di prendersi la nostra vita

e di ridarla a chi l’abbiamo tolta.

lunedì 24 maggio 2010

LA SOLITUDINE DEGLI ANZIANI

Ho quasi settantacinque anni, vivo da sola a casa mia, la stessa in cui stavo con mio marito, quella che hanno lasciato i miei due figli quando si sono sposati.
Sono sempre stata fiera della mia autonomia, ma da un po' non è più come prima, soprattutto quando penso al mio futuro. Sono ancora autosufficiente, ma fino a quando ? Tra me e me m'accorgo che i gesti diventano giorno per giorno un po' meno disinvolti, anche se mi dicono ancora: "Fossi io come lei alla sua età ...". Uscire per la spesa e tenere la casa mi fa una fatica crescente.
E allora penso: "Quale sarà il mio futuro ?". Quando ero giovane la risposta era semplice: con tua figlia, col genero, con i nipoti. ma adesso come si fa, con le case piccole e le famiglie in cui lavorano tutti ? Allora anche adesso la risposta è semplice: l'istituto.
E' martellante, lo dicono tutti, però tutti sanno anche, e non lo dicono, che nessuno vorrebbe lasciare la sua casa per andare a vivere in un istituto.
Non posso credere davvero che sia meglio un comodino, uno spazio angusto, una vita tutta anonima alla propria casa, dove ogni oggetto, un quadro, una fotografia, ricordano e riempiono anche una giornata senza tante novità.
Sento spesso in giro chi dice: "L'abbiamo messo in un bell'istituto, per il suo bene". Magari sono sinceri, ma loro non ci vivono. Non è neppure un "male minore", ma necessario.
Ammettiamo pure di non capitare in uno di quei posti da telegiornale, dove gli fa fatica pure darti l'acqua se hai sete, o ti maltrattano solo perché si sentono frustrati del lavoro che fanno.
Però non credo proprio che sia un istituto la risposta a chi sta un po' male e, soprattutto sta solo.
Ritrovarsi a vivere all'improvviso con persone estranee, non volute e non scelte è davvero un modo per vincere la solitudine? So bene come si vive in istituto. Succede che vuoi riposare e non ci riesci perché non sopporti il rumore degli altri, i colpi di tosse, le abitudini diverse dalle tue. Si dice che da vecchi si diventa esagerati.
Ma non è un'esagerazione immaginarsi che se vuoi leggere c'è chi vuole la luce spenta o che se vuoi vedere un programma, o se ne guarda un altro o non è orario.
In un ricovero anche i problemi più banali diventano difficili: avere ogni giorno il giornale, riparare subito gli occhiali quando si rompono, comprare le cose che ti servono se non puoi uscire.
Capita spesso che ti scambino la biancheria con quella di un'altra dopo la lavanderia e poi non puoi tenere niente di tuo.
Quello che è peggio - ammesso che il mangiare non sia cattivo - è che non si può decidere quasi niente: quando alzarsi e quando restare a letto, quando accendere e quando spegnere la luce, quando e cosa mangiare. E poi, quando uno è più anziano (ed è più imbarazzato perché si sente meno bello di una volta), è costretto ad avere tutto in comune: malattia, debolezze fisiche, dolore, senza nessuna intimità e nessun pudore.
C'è che dice che in istituto "hai tutto senza pesare su nessuno". Ma non è vero. Non si ha tutto e non è l'unico modo per non dare fastidi ai propri cari.
Un'alternativa ci sarebbe: Poter stare a casa con un po' di assistenza e, quando si sta peggio o ci si ammala, poter essere aiutati a casa per quel tempo che serve.
Questo servizio già esiste, ma più sulla carta che in realtà. Ogni amministrazione dovrebbe garantire l'assistenza. Siamo in tanti, infatti, che potremmo rimanere a casa anche soltanto con un piccolo aiuto (un servizio piccole spese, pagamenti di bollette, un po' di pulizie, eccetera), o con l'assistenza sanitaria a domicilio (il fisioterapista, il medico, l'infermiera), come previsto dalla legge italiana.
E non è vero che tutto questo costa troppo. Questi servizi costano tre o quattro volte meno di un mio eventuale ricovero in una lungodegenza o in istituto. All'estero mi dicono che è diverso. Qui da noi, invece, succede che finisci in un istituto e che nemmeno l'hai deciso tu. Non capisco perché si rispettano le volontà di un testamento e invece non si viene ascoltati da vivi se non si vuole andare in istituto.
Ho sentito alla TV che qui in Italia sono state stanziate migliaia e migliaia di miliardi per costruire nuovi istituti e per realizzare 140.000 posti letto. Se abitassi in una baracca ne sarei pure contenta. Ma io una casa e un letto, il mio "posto letto" già ce l'ho, non c'è bisogno di creare nuove cucine per prepararmi il pranzo, potete usare la mia. Non ho bisogno che mi costruiate una nuova grande sala per vedere la TV, ho già la mia televisione in camera. Il mio bagno funziona ancora bene. La mia casa, semmai, necessita soltanto di qualche corrimano e maniglia al muro: vi costerebbe molto meno.
Quello che desidero per il mio futuro è la libertà di poter scegliere se vivere gli ultimi anni della mia vita a casa o in istituto.
Oggi questa libertà non ce l'ho. Usufruire dell'assistenza domiciliare è molto difficile, quasi impossibile: le domande sono molte e il servizio è ancora troppo limitato. ma se questa assistenza domiciliare si sviluppasse di più e diventasse per tutti quelli che hanno bisogno, potreste anche fare a meno di costruire tanti nuovi, costosi istituti. E persino gli ospedali sarebbero meno affollati.
Per questo, anche se non più giovane, voglio ancora far sentire la mia voce e dire che in istituto non voglio andare e che non lo auguro a nessuno.
Aiutate me e tutti gli anziani a restare a casa e a morire fra le proprie cose. Forse vivrò di più, sicuramente vivrò meglio.

UN'ORA DI TEMPO.

La lettera di Anna


Ho sempre cercato di non pesare su nessuno. Figuriamoci sui miei nipoti che hanno già i loro figli e a cui ho dato l'appartamentino dove abitavo prima di arrivare qui. Ho scelto di lasciarlo. Che avreste fatto voi?
Ho 82 anni. Non sono tanto vecchia, ma a casa, da sola, non potevo più stare. Qualche volta mi dimenticavo di prendere le medicine, certe mattine non ce la facevo proprio a uscire e a fare la spesa e allora ho preso la decisione: un istituto specializzato per gli anziani, dove poter stare con altre persone della mia età, simpatiche. Tutto spesato, tutto garantito, senza bisogno di rifare il letto, di cucinare e senza fastidi per nessuno.
Andare via da casa mia non è stato facile. Una cosa è dirlo, altro è farlo. Ma alla fine ci sono riuscita. Per un po' non ci ho dormito: i mobili, la mia biancheria, i piatti, le fotografie al muro, gli odori, i rumori, le pentole. Quando ce li hai sembra normale, non ci fai caso. Ma se non ci sono più le tue cose, poi te ne accorgi, eccome.
Qui non mi è andata male. Da mangiare. a dire il vero, è senza qualità e qualche volta accettabile. La pulizia c'è e in teoria anche un bel giardino. In teoria, perché nel frattempo la mia salute è un po' peggiorata e senza che uno mi accompagni io, in giardino non ci posso andare. Insomma non ci sarebbe tanto da lamentarsi se non che, quando ci stai dentro, la vita va un po' tutta alla rovescia. Quello che è normale diventa impossibile. Provare per credere.
Il tempo. Dopo un po' ti dimentichi che giorno è, perché diventa tutto uguale. E' come se non ci fosse mai niente da aspettare. Neppure i programmi televisivi. Perché di televisione ce n'è una per tante persone e ognuno vorrebbe guardare un programma diverso.
Le cose. Non ci vorrebbe niente a comprare le pile di ricambio per la radio, i fazzoletti di carta, i succhi di frutta e una rivista. Niente se stessi fuori. Ora tutto questo mi arriva quando vengono, di tanto in tanto, i miei nipoti. Ma abitano lontano e io non voglio essere di peso proprio adesso.
Gli occhiali. Tutto diventa complicato, qui, per colpa di nessuno. Mi si sono rotti gli occhiali, cadendo dal comodino. E ci ho messo molte settimane per trovare chi mi accompagnasse a rifarli.
A dirla tutta, forse la cosa che più mi comincia a pesare è il fatto che nessuno, per giorni, settimane, dice il mio nome. Se non c'è chi pronuncia il tuo nome puoi avere tutto, ma è come se ti mancasse l'aria. Finirà per dimenticarlo anche io?
Allora mi sono detta: debbo reagire. Che cosa posso fare, io, ancora? Posso essere un amica. E pure un'amica fedele. Si. Se cercate un'amica venite a trovarmi. Ho del tempo e non mi disturberete. Mi interessa quello che succede nel mondo e mi piacerebbe ascoltare i vostri racconti, parlare con voi. Mi sono detta: "Un'ora di tempo". Il vostro e il mio. Per diventare amici, per contare per qualcuno. Alla faccia della solitudine.


Anna.

giovedì 20 maggio 2010

IL MONDO SI MUOVE SE NOI CI MUOVIAMO

Il mondo si muove se noi ci muoviamo,
si muta se noi mutiamo, si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura.
la primavera comincia con il primo fiore, la notte con la prima stella,
il fiume con la prima goccia d'acqua, l'amore con il primo pegno.
Ci impegnamo perchè crediamo nell'amore, la sola certezza che non
teme confronti, la sola che basta ad impegnarci personalmente.
Mi impegno: io e non gli altri,
né chi sta in alto né chi sta in basso,
né chi crede né chi non crede.

(don Primo Mazzolari)

L'UMORISMO NELLA COPPIA

Nella vita di tutti i giorni il buonumore
pare un bene sempre più raro.Non sappiamo più ridere.
L'umorismo, L'allegria, il sorriso,
esprimono invece una intelligenza curiosa,
aperta, flessibile, rapida, ed efficace
e sanno tenere lontani lo stress, i disagi, le malattie,
ma soprattutto il rischio di far naufragare una vita in due.
Chi non ride non fà l'amore.
L'eros infatti vive di passione e delle capacità di darsi
reciproca gioia: sono queste le vere basi di una solida
unione che funziona.
Diversamente è destinata a sciogliersi in fretta o a
consolidarsi in una routine scontata e frustrante.
Quali i rimedi?
Semplice: meno pensieri inutili e prendersi un pò
di più in giro!
In questa società non è facile però tentare non nuoce.

mercoledì 19 maggio 2010

AMA LA TUA PARROCCHIA

(Paolo VI, omelia inaugurazione parrocchia N.S. di Lourdes, Roma 23-2-1964)


Collabora, prega e soffri per la tua parrocchia, perché devi considerarla
come una madre a cui la Provvidenza ti ha affidato:
chiedi a Dio che sia casa di famiglia fraterna e accogliente,
casa aperta a tutti e al servizio di tutti.
Da' il tuo contributo di azione perché questo si realizzi in pienezza.
Collabora, prega, soffri perché la tua parrocchia sia vera comunità di
fede.
Rispetta i preti della tua parrocchia anche se avessero mille
difetti: sono i delegati di Cristo per te.
Guardali con l'occhio della fede, non accentuare i loro difetti,
non giudicare con troppa facilità le loro miserie
perché Dio perdoni a te le tue miserie.
Prenditi carico dei loro bisogni, prega ogni giorno per loro.
Collabora, prega, soffri perché la tua parrocchia sia una vera comunità
eucaristica, che l'Eucaristia sia "radice viva del suo edificarsi",
non una radice secca, senza vita.
Partecipa all'Eucaristia, possibilmente nella tua parrocchia, con tutte
le tue forze.
Godi e sottolinea con tutti ,tutte le cose belle della tua parrocchia.
Non macchiarti mai la lingua accanendoti contro l'inerzia della tua parrocchia:
invece rimboccati le maniche per fare tutto quello che ti viene richiesto.
Ricordati: i pettegolezzi, le ambizioni,
la voglia di primeggiare, le rivalità sono parassiti della vita parrocchiale:
detestali, combattili, non tollerarli mai.
La legge fondamentale del servizio è l'umiltà:
non imporre le tue idee, non avere ambizioni, servi nell'umiltà.
E accetta anche di essere messo da parte,
se il bene di tutti, ad un certo momento, lo richiede.
Solo, non incrociare le braccia,
buttati invece nel lavoro più antipatico e più schivato da tutti,
e non ti salti in mente di fondare un partito di opposizione.
Se il tuo parroco è possessivo e non lascia fare, non farne un dramma:
la parrocchia non va a fondo per questo.
Ci sono sempre settori dove qualunque parroco ti lascia piena libertà di azione:
la preghiera, i poveri, i malati, le persone sole ed emarginate.
Basterebbe fossero vivi questi settori e la parrocchia diventerebbe viva.
La preghiera, poi, nessuno te la condiziona e te la può togliere.
Ricordati bene che, con l'umiltà e la carità,
si può dire qualunque verità in parrocchia.
Spesso sono l'arroganza e la presunzione che fermano ogni passo ed alzano i muri.
La mancanza di pazienza, qualche volta,
crea il rigetto delle migliori iniziative.
Quando le cose non vanno, prova a puntare il dito contro te stesso,
invece che contro il parroco o contro i tuoi preti o contro le situazioni.
Hai le tue responsabilità, hai i tuoi precisi doveri:
se hai il coraggio di un'autocritica, severa e schietta,
forse avrai una luce maggiore sui limiti degli altri.
Se la tua parrocchia fa pietà la colpa è anche tua:
basta un pugno di gente volenterosa a fare una rivoluzione,
basta un gruppo di gente decisa a tutto a dare un volto nuovo ad una parrocchia.
E prega incessantemente per la santità dei tuoi preti:
sono i preti santi la ricchezza più straordinaria delle nostre parrocchie,
sono i preti santi la salvezza dei nostri giovani.

giovedì 13 maggio 2010

LA PREGHIERA ........COME IMPARARE

Così a pregare s’impara pregando. Il Maestro è Cristo, il suo Spirito:devi avere fiducia: specialmente in alcuni momenti della giornata entra nel profondo del tuo cuore che contiene Colui che l’universo non può contenere: Lì troverai Lui e con Lui anche te: ti parlerà di se ma anche di te: Se vuoi conoscere te stesso, dove cercarti ? la tua vita, ciò che sei, è solo nel cuore di Dio. Lui è lì ti attende per insegnarti a stare con Lui. Per illuminare il tuo cammino, prega. Per avere la forza di portare la vita, prega. Per vedere negli uomini il volto di Dio, il riflesso di Cristo, prega. Per perdonare chi ti ha fatto del male , prega. Per essere una presenza di carità e di speranza, un testimone coraggioso del Vangelo e della Chiesa, prega.

2° San Paolo ci ricorda che la preghiera a volte è una lotta. .


Ecco per te alcuni piccoli segreti.

PREGA COME UN POVERO. Siamo tutti peccatori! Tocchiamo ogni giorno la nostra fragilità che si manifesta nella volubilità, nella distrazione…Ricorda la parabola del pubblicano in fondo al tempio: nell’umiltà a raggiunto il cuore di Dio.

PREGA CON FIDUCIA. E’ Gesù che dice: cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto ( luca 11’9 ) il Signore risponde sempre alla tua preghiera, anche se non sempre come vorresti. Chiedi innanzitutto gli occhi della fede, il suo Spirito (Luca 11,!3 ),

PREGA CON PERSEVERANZA. Cioè non a fasi alterne quando ne hai voglia. Gesù non ha bisogno della tua preghiera ma tu si:e la tua perseveranza e la regolarità esprimono e alimentano la tua fede e il tuo desiderio di Lui.

mercoledì 12 maggio 2010

Per il prete una paternità spirituale

Perché i preti non possono sposarsi? Perché non possono fare sesso? Capiranno qualcosa di cosa vuol dire essere padri di famiglia? Tante volte mi sento fare queste domande e tante volte me lo sono chiesto anche io. Le motivazioni che sento portare a favore, oppure contro, sono motivazioni a volte profonde, a volte superficiali, mai banali però.
C'è una paternità fisica: per mettere al mondo un bambino basta poco. Ma c'è anche e soprattutto una paternità nello spirito, che è la vera paternità e maternità, quella quotidiana, quella che genera ogni giorno i figli dopo averli messi al mondo, quella che esprime costantemente amore. E' la paternità che genera Dio nel cuore, che rende strumenti nelle sue mani.
A volte mi dicono che un prete capirebbe meglio le persone sposate, solo chi vive certe situazioni riesce a capirle fino in fondo. E qui mi verrebbe da rispondere: allora un prete dovrebbe drogarsi per capire i tossicodipendenti, prostituirsi per capire le ragazze di strada, sposarsi e separarsi per condividere l'esperienza dolorosa dei separati, fare tutto e il contrario di tutto per capire tutto senza - io credo - capire comunque nulla e perdersi.
Altre volte sento parlare della solitudine affettiva del sacerdote; il sacerdote sceglie di vivere solo, ma non di essere solo affettivamente. Nei miei anni di prete ho incontrato persone sposate ed apparentemente felici, ma sole affettivamente da anni, che vivono sotto lo stesso tetto con il marito o la moglie, ma con il cuore altrove. Soprattutto i ragazzi chiedono: "Ma come fai a non fare sesso?". E anche qui, a cercare di fare capire (e questo sinceramente è meno difficile di quanto sembri) che si può fare sesso senza amore, ma si può anche amare senza fare sesso. E questo è uno dei segni più profetici del nostro tempo: il celibato vissuto con gioia ed entusiasmo.
"Il Regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo. Un uomo lo trova e va, vende tutti i suoi averi e compra quel campo". Io ho trovato questo campo e ho trovato questo tesoro. E per questo ho dato e continuo a dare tutto. E' questa paternità il mio tesoro: è la paternità spirituale, è il mio essere padre nello spirito. E se fino a qui ho parlato in termini più "negativi"; ecco invece la parte "positiva", quel "di più" che ci fa vivere un'esperienza più da vicino al Cristo, quell'esperienza che ci riempie il cuore e che non fa esserci spazio per altro. Cosa vuol dire essere "padri nello spirito"?
Essere padri nello spirito lo identifico tutto nell'espressione detta da Gesù: essere pescatori di uomini. Ho compreso questa espressione quando ho capito che le acque nella scrittura simboleggiano il caos, il disordine, la mancanza di senso. Rappresentano tutto quello in cui gli uomini non possono vivere, la vita senza un ordine preciso, magari piena di felicità effimera ma vuota di significato. Pescare gli uomini significa, quindi, accorgersi di chi vive nel disordine e tirarlo fuori.
E paradossalmente l'esperienza della paternità diventa ancora più profonda, quando non puoi fare nulla di concreto per la persona che hai davanti. Quando quello che doni, o meglio, quello che il buon Dio dona attraverso di te non è qualcosa di materiale, ma diventa fiducia nella vita, fiducia in Dio.
Quando qualcuno, per esempio, mi chiede di aiutarlo a pagare una bolletta, una volta che tiro fuori i soldi il problema è risolto; quando un povero mi chiede un pezzo di pane, una volta dato è sfamato.
Ma quando qualcuno chiede aiuto, cerca una corda da tirare per uscire, per non annegare, per aggrapparsi ad una speranza, lì la potenza di Dio passa attraverso la mia impotenza e diventa splendido ammirare la sua Misericordia e non il mio aiuto che posso dare.
Ricordo un povero che una mattina mi ha detto: "Non chiedo soldi, ti chiedo di ascoltarmi". E poi per tre quarti d'ora a raccontarmi tutta la sua vita. Ricordo Angela, una ragazza di Padova, prostituta, tossicodipendente e ammalata di AIDS, ora già in cielo, farmi questa domanda: "Secondo te, posso farla la Comunione? Dio vuole venire nel mio cuore?". Come un uomo di oltre sessant'anni, uscire dalla confessione e dirmi: "Grazie perché ci siete voi sacerdoti, fate rinascere la vita dentro".
Ricordo un carcerato in cella, e io con lui ad ascoltarlo e dialogare per oltre un'ora, senza poter fare nulla di concreto per lui. Ma dall'ascolto e dalla condivisione, vedere il suo volto uscire da un'espressione rattrappita e vedere rinascere la speranza e la voglia di lottare per uscire, per la moglie, per il figlioletto che lo sta aspettando.
Quando l'aiuto non è concreto, ma spirituale, quando l'aiuto diventa salvezza di Dio che ancora si china sull'umanità ferita, quando noi siamo semplicemente strumenti nelle sue mani è allora che ammiro la bellezza del suo Amore, ed è allora che mi chiedo perché ha scelto proprio me. Ma è allora che mi rendo conto di quale tesoro immenso Lui in realtà ha messo nelle mie mani.
Un tesoro che mi fa apprezzare ancora di più le bellezze di questo mondo, la bellezza di avere una moglie e una casa, la fatica di crescere dei figli, il dolore di lottare contro le difficoltà e gli imprevisti.
Ma un tesoro che mi affascina, mi fa sentire innamorato, un tesoro che mi fa lasciare tutto, proprio tutto, e che mi fa voler essere pronto a qualsiasi cosa, anche a morire. Per la mia famiglia che è il mondo intero; per la mia famiglia che è il singolo uomo che incontro ogni giorno. Per la Persona per la quale vivo, per la Persona che voglio amare con tutto me stesso, quella Persona che ora vedo solo negli altri ma che presto vorrei incontrare ed abbracciare: il Cristo.

don Valentino Porcile

articolo proposto da Mariagloria Ciuti

martedì 11 maggio 2010

Comunione 9 Maggio 2010


Complimenti a tutti a coloro che hanno organizzato la prima comunione, a P.Luciano , Laura e le altre catechiste perche' tutto e' riuscito a meraviglia!




Grazie.

venerdì 7 maggio 2010

Ritiro spirituale per la Prima Comunione

Oggi inizia il ritiro Spirituale per i ragazzi e le ragazze che Domenica prossima riceveranno il S.S. sacramento della Comunione.
Preghiamo tutti per loro e affidiamo a Dio le loro anime innocenti e pure, nella convinzione di ottenere futuri uomini e donne che non si allontanino dalla nostra Fede e partecipino attivamente alla vita comunitaria.
Auguriamoli tanta gioia e felicità.

domenica 2 maggio 2010

PRIME COMUNIONI

VOGLIAMO RICORDARE CHE DOMENICA PROSSIMA 9 MAGGIO ALLE ORE 11,00 DURANTE LA S. MESSA PARROCCHIALE SARA CONFERITO IL SACRAMENTO DELLA PRIMA COMUNIONE AI RAGAZZI E RAGAZZE DEL RELATIVO CORSO DI CATECHISMO .
NELL'OCCASIONE INVITIAMO TUTTA LA COMUNITA' A PARTECIPARE PER ESSERE VICINI A QUESTI NOSTRI GIOVANI E FAR LORO SENTIRE LA VICINANZA DELL'INTERA PARROCCHIA CON AMORE E SENTIMENTO DI GRANDE FRATELLANZA.
I COMUNICANDI AVRANNO BISOGNO DI AIUTO DA PARTE DI TUTTE LE COMPONENTI DELLA NOSTRA COMUNITA', I GENITORI, I PARENTI, GLI AMICI, GLI ADULTI, E SOPRATTUTTO DEGLI ANZIANI PORTATORI DELLA MIGLIORE TRADIZIONE E DELLA NOSTRA CULTURA RELIGIOSA.
I NOSTRI BAMBINI E RAGAZZI HANNO BISOGNO DI TUTTI NOI, IN PARTICOLARE DELL'AIUTO CHE GLI POSSIAMO DARE CON IL NOSTRO SANO E RELIGIOSO ESEMPIO.
I SACRAMENTI COMUNITARI, COME APPUNTO LE PRIME COMUNIONI, DEVONO ESSERE OCCASIONE DI VICINANZA E RACCOGLIMENTO DELL'INTERA NOSTRA COMUNITA' CRISTIANA, AL PARI DELLE FESTE CANONICHE COME IL SANTO NATALE E LA PASQUA, E' CON QUESTI ESEMPI DI PARTECIPAZIONE CHE RIUSCIREMO A DIMOSTRARE AGLI ALTRI NOSTRI FRATELLI NON CREDENTI, O NON PRATICANTI, LA FEDE E L'AMORE PER IL NOSTRO SIGNORE.


PACE E BENE A TUTTI.

BENEDETTO XVI A TORINO PER LA SINDONE

Amare come Gesù, senza limiti, per porre un argine al male.
La fede non è mai contro la libertà.



Una Torino in festa, sotto un cielo di nuvole, ha accolto il Papa, stamani, in visita nel capoluogo piemontese per l'Ostensione della Sindone. Oltre 50 mila fedeli hanno assistito, in Piazza San Carlo e attraverso i maxischermi in Via Roma e Piazza Castello, alla Messa presieduta da Benedetto XVI, che nell'omelia ha invitato ad amare come Gesù, senza limiti, per porre un argine al male e dare speranza a chi è nella sofferenza. Questo pomeriggio gli incontri con i giovani, sempre in Piazza San Carlo, e con i malati al Cottolengo. E c'è grande attesa per la meditazione del Papa davanti alla Sindone. In serata il rientro a Roma.
Mentre ci avviamo a concludere questa solenne celebrazione, ci rivolgiamo in preghiera a Maria Santissima, che a Torino è venerata quale principale Patrona col titolo di Beata Vergine Consolata. A Lei affido questa Città e tutti coloro che vi abitano. Veglia, o Maria, sulle famiglie e sul mondo del lavoro; veglia su quanti hanno smarrito la fede e la speranza; conforta i malati, i carcerati e tutti i sofferenti; sostieni, o Aiuto dei Cristiani, i giovani, gli anziani e le persone in difficoltà. Veglia, o Madre della Chiesa, sui Pastori e sull’intera Comunità dei credenti, perché siano “sale e luce” in mezzo alla società.
La Vergine Maria è colei che più di ogni altro ha contemplato Dio nel volto umano di Gesù. Lo ha visto appena nato, mentre, avvolto in fasce, era adagiato in una mangiatoia; lo ha visto appena morto, quando, deposto dalla croce, lo avvolsero in un lenzuolo e lo portarono al sepolcro. Dentro di lei si è impressa l’immagine del suo Figlio martoriato; ma questa immagine è stata poi trasfigurata dalla luce della Risurrezione. Così, nel cuore di Maria, è custodito il mistero del volto di Cristo, mistero di morte e di gloria. Da lei possiamo sempre imparare a guardare Gesù con sguardo d’amore e di fede, a riconoscere in quel volto umano il Volto di Dio.
Alla Madonna Santissima affido con gratitudine quanti hanno lavorato per questa mia Visita, e per l’Ostensione della Sindone. Prego per loro e perché questi eventi favoriscano un profondo rinnovamento spirituale. Regina Caeli…

sabato 1 maggio 2010

SCUOLA DELLA PAROLA

ALZATI, TI VOGLIO PARLARE

La Scuola della Parola introduce alla conoscenza della Scrittura e aiuta a operare un giusto discernimento sulla propria vita. Papa Benedetto XVI, parlando ai giovani, così si esprime: «Cari giovani, vi esorto ad acquistare dimestichezza con la Bibbia, a tenerla a portata di mano, perché sia per voi come una bussola che indica la strada da seguire. Leggendola, imparerete a conoscere Cristo».
Lo scopo educativo e pastorale è introdurre i giovani ad una progressiva familiarità con il testo sacro, luogo fondamentale per la conoscenza del mistero di Cristo e nutrimento indispensabile per una preghiera matura.
In questi anni la Pastorale Giovanile diocesana ha proposto una meditazione sistematica dei libri del Nuovo Testamento affinchè fossero maggiormente conosciuti e meditati.